Project Description

Il nome e la Parrocchia

La dedicazione della chiesa è chiaramente impressa in un’iscrizione presente sulla facciata, al di sopra del portone: “REGINAE SINE LABE ORIGINALI CONCEPTAE ET SANCTO PIO DECIMO DICATUM”. È conosciuta anche come chiesa “del Boschirolo” ma quasi tutti ormai la chiamano “di San Pietro”, essendo l’edificio principale dell’omonima Parrocchia istituita con l’aggregazione delle frazioni Boschirolo e Villa, fino ad allora facenti parte, rispettivamente, delle parrocchie di San Giulio e di Santa Maria del Cerro.

È il 12 ottobre 1969: in occasione della grande festa della Madonna del Rosario, la tradizionale processione con la statua di Maria parte dalla chiesa di San Giulio e si dirige verso la chiesa di San Pio X: ai confini della nuova parrocchia c’è tutto San Pietro che aspetta il nuovissimo parroco, che è anche il primo: don Giancarlo Barenghi. Il prevosto di Gallarate, Mons. Ludovico Gianazza, attende alla porta della chiesa, celebra la Messa e adempie, a nome dell’Arcivescovo di Milano, le pratiche curiali della presa di possesso.

Una curiosità. Il culto di San Pietro era molto diffuso in Lombardia fin dai tempi dei Longobardi, dominatori della regione. Essi, uomini d’armi e di potere, coltivarono la devozione verso l’Apostolo per guadagnarsi la protezione di questo santo anche per la vita eterna, erigendo in suo onore tempietti e cappelle.

Successivamente, in uno scritto del 1566 di Padre Leonetto Clivone – rettore della Casa dei Gesuiti di Milano e delegato dell’arcivescovo della città, San Carlo Borromeo – si parla di una cappella dedicata a San Pietro situata a circa un miglio dall’abitato, in mezzo ai boschi, in stato di abbandono. Nel documento la chiesetta veniva chiamata “San Pietro in Morenis”: il delegato ordinò di chiuderla, vietando ogni ufficiatura. Fu poi ricostruita, sempre intitolata a San Pietro, agli inizi del XVIII secolo e restaurata nella seconda metà dell’Ottocento, ma nel novembre del 1956, ormai fatiscente e pericolante, fu venduta a privati e trasformata in officina; si trova oggi in fondo a Via Solferino, all’angolo con Via Costa.

Notizie storiche

Si tratta di una chiesa moderna, edificata tra il 1954 e il 1956 in una zona rurale e completamente attorniata da campi su progetto donato dall’architetto Mario Bonicalzi, nativo del Boschirolo. Sin dai primi anni Cinquanta don Filippo Spina, allora parroco di San Giulio, percepì che una delle questioni più urgenti riguardava l’assistenza religiosa da prestare al crescente numero di famiglie venete insediatesi al Boschirolo e alla Villa. Garantì pertanto una seconda messa festiva al Boschirolo (la prima era celebrata nella chiesetta di San Bernardo, troppo piccola, la seconda in un capannone, usando un altare portatile); istituì la “Festa dei Veneti”, facendola coincidere con quella di San Giuseppe al fine di creare un rapporto di reciproca fiducia con la gente lombarda; ma soprattutto divenne il tenace promotore della costruzione di un moderno edificio sacro. Per reperire i fondi necessari, la Curia milanese lo autorizzò fra l’altro a cedere una piccola chiesa poco distante, ovvero l’oratorio di San Pietro sopra citato, di proprietà della parrocchia di San Giulio. Fu lo stesso sacerdote ad insistere affinché la nuova chiesa fosse dedicata anche a San Pio X, pontefice di origine veneta.

Le tre campane furono benedette da Mons. Rigamonti, arciprete di Monza, sulla piazza di San Giulio e trasportate successivamente in San Pio X. Esse hanno nomi significativi: una è dedicata all’Immacolata, l’altra a San Pio X e la terza a San Pietro (presagio della nuova futura parrocchia?).    L’inaugurazione ufficiale della nuova chiesa avvenne dopo una quindicina di giorni, esattamente il 30 settembre 1956.

Ma i lavori di completamento dell’edificio erano ancora molti e si protrassero per altri tre anni, durante i quali furono riformate architettonicamente le finestre, rimpicciolendole e sagomandole meglio, e soprattutto si procedette alla costruzione dell’abside e dell’altare (con una gettata di cemento armato rivestito di marmo).

Il giorno 9 ottobre 1959 Mons. Giuseppe Schiavini, vescovo ausiliare di Milano, consacrò l’altare.

Da allora gli interventi si sono susseguiti a ritmo continuo. Nel 1967 l’altare venne sistemato secondo le nuove regole liturgiche del Concilio Vaticano II e il tabernacolo posto nell’abside, in posizione ben visibile, collocandovi sopra un crocifisso del XVII secolo proveniente dalla chiesa di San Giulio e donato dal parroco don Spina; anche la statua della Madonna cambiò posizione e fu collocata sul lato destro ma ben visibile da ogni parte della chiesa.

In epoca più recente, ovvero già nel XXI secolo, si costruì il soppalco interno sopra il portone per ampliare il numero dei posti, si attuò il rifacimento del sagrato (rendendo più facile l’accesso ai disabili e in occasione dei funerali), fu ritinteggiato l’interno e poi la facciata esterna, che assume così l’attuale color rosa. E ancora, per decorare le spoglie pareti interne, nel 2014 furono posti in opera sulle pareti laterali i quadri del pittore locale Angelo De Natale.

Molte le opere effettuate poi all’esterno dell’edificio sacro. Citiamo, tra gli altri, la costruzione della casa parrocchiale, di campi da gioco (calcio, calcetto e volley), ma principalmente la trasformazione della sala giochi nella Cappella della Sacra Famiglia (che funge da cappella per l’oratorio, con un ingresso dalla via San Carlo, ma alla quale si può accedere anche dalla sacrestia della chiesa per assistere in video-diretta alle funzioni particolarmente affollate mediante uso di schermo) e la costruzione di un nuovo oratorio dedicato a San Giovanni Paolo II e alla beata Chiara Luce Badano, inaugurato il 30 ottobre 2011.

Visita della chiesa

L’esterno

La facciata, che in origine non era intonacata ma si presentava con dei bei mattoni a vista, ha un profilo a capanna, con il corpo centrale aggettante caratterizzato da un arco centrale che incornicia un portale: sulle due ante si possono osservare dei riquadri ove l’artista cassanese Angelo de Natale ha inciso le Opere di Misericordia.

Nella lunetta un bassorilievo in terracotta opera di uno scultore della zona, Muzio Merelli, che raffigura papa Pio IX in atto di proclamare il dogma dell’Immacolata Concezione (1858).

Non esiste un vero e proprio campanile ma la parte centrale della facciata sporge sopra il tetto a formare una vela che ospita le tre campane.

L’interno                                   

La chiesa è costituita da un edificio ad aula unica con impianto rettangolare e abside semicircolare. Oltrepassato il portone, si entra in un androne in vetro: sulla parte alta centrale vi sono due vetrate, raffiguranti San Pietro e l’Agnello, recuperate dall’Ospedale di Busto Arsizio.

Lo spazio interno è scandito dal telaio strutturale che ripartisce le pareti laterali e il soffitto a falde. Nei fianchi si aprono finestre con profilo ad arco a pieno centro. Il pavimento è alla palladiana.

Il presbiterio occupa l’ultima campata verso l’abside, introdotto da un arco trionfale; al centro è collocata la mensa mentre, in posizione avanzata, si trova un ambone in legno con bassorilievo bronzeo.

Al centro dell’abside è collocato il tabernacolo sopra il quale campeggia, dalla fine del 2020, un crocifisso ligneo scolpito dal cassanese Leopoldo Farè nel 1950 e proveniente dalla chiesa di San Giulio, dove era sospeso al centro del presbiterio. Questo crocifisso ha sostituito il precedente manufatto che, in seguito al restauro della parrocchiale di San Giulio e su indicazione della Soprintendenza alle Belle Arti, è andato a ricomporre il trittico seicentesco ora visibile nella Cappella del Crocifisso di San Giulio.

Sul lato sinistro, prima di accedere alla sacrestia, è collocata una particolare “campanella”, invenzione della Scuola Superiore d’Arte Sacra del Beato Angelico di Milano: è costituita da 5 tubi vuoti di ottone, con batacchio al centro, posizionati ad altezze leggermente diverse per far sì che ognuno emetta un suono differente.

Prima dell’arco trionfale sono posizionate a destra una statua dell’Immacolata (in gesso) e a sinistra una statua di San Pietro (in legno).

Sulla controfacciata, sopra il soppalco, è presente una grande raffigurazione di San Pio X; sulle pareti ai lati dell’androne due tondi con bassorilievi a ricordo di don Spina e don Barenghi, tutte opere di Angelo De Natale.

Dello stesso autore i dodici pannelli acrilici su multistrato – misuranti ciascuno due metri per uno – che si trovano ai lati delle finestre:

i sei di sinistra raffigurano momenti della vita di San Pietro (si susseguono: la pesca miracolosa, la consegna delle chiavi del Regno dei Cieli, la trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, il tradimento di San Pietro e il canto del gallo, l’apparizione di Gesù sul lago di Tiberiade, la conversione del centurione);

i sei di destra sono dedicati alla Madonna (si susseguono: l’Annunciazione, la visita di Maria ad Elisabetta, la presentazione di Gesù al tempio, le nozze di Cana, la Vergine ai piedi della Croce, la Donna insidiata dal drago nell’Apolicasse).

L’artista ha voluto rappresentare alcuni momenti della vita dei due santi in maniera comprensibile per il fedele ma in chiave moderna, con riferimenti alla realtà quotidiana. Un chiaro esempio: nel pannello dell’Annunciazione si osserva Maria intenta a lavare il pavimento, con accanto la brocca dell’acqua.

L’autore cerca di non appesantire le immagini con troppi dettagli allo scopo di focalizzare l’attenzione sui personaggi centrali, ben in evidenza, spesso colti in una sorta di dialogo tra di loro (Maria e Gesù a Cana o alla Crocifissione, San Pietro e il centurione…). L’utilizzo dei colori segue una logica specifica in quanto Maria è sempre raffigurata in abito blu, mentre il colore degli abiti di Pietro è il verde: questo è un colore secondario, derivato dalla mescolanza del blu e del giallo (nei quadri il giallo è rappresentazione della luce divina: Gesù, l’Angelo…).

Le chiese sussidiarie

Alla Parrocchia di San Pietro fa capo solamente la chiesetta di San Bernardo, per altro sussidiaria della Parrocchia di Santa Maria del Cerro fino al 1969.

Bibliografia

Marco Pippione: “Cassano Magnago: la nostra storia”, Ed. Crespi