IV Domenica di Pasqua
Percorsi di gioia
Continuando il percorso di gioia, oggi, nella quarta domenica di Pasqua, siamo invitati a riflettere sulla gioia della vocazione.

Vocazione e gioia
“Fratelli, dice la scrittura: chiunque crede in Lui non sarà deluso”. Così San Paolo nell’epistola. San Paolo ci dice anche a quale condizione si verifica questa Parola di Dio: a condizione che il nostro cammino sia un cammino di fede, a condizione che si creda, a condizione che si segua il Signore. È la vocazione di ciascun uomo. A dirlo è anche il vangelo nel quale, con il ben noto paragone, il Signore dice di essere “il buon pastore”. Il pastore che parla alle proprie pecore, il pastore che sa dove condurle, il pastore che sa come chiamare ciascuno. Il pastore che dà la vita per le pecore, perché solo così esse si sentiranno protette, amate, custodite, ricercate…
Fuor di metafora il pastore che dà la vita per le pecore è il Signore che insegna a ciascuno di noi che tutti siamo amati, custoditi, ricercati. Non solo. Ciascun’anima è invitata a fare esattamente quello che fa il buon pastore cioè a dare la sua vita. Non solo nella direzione della donazione completa di sé che implica la morte, ma in quella donazione che richiede il tempo, l’attenzione, il servizio, la carità. Da questo punto di vista è esemplare la prima lettura, che ci ricorda che nella prima comunità cristiana veramente essenziale fu l’aver compreso che tutti erano chiamati ad una donazione di amore che non lasciasse escluso nessuno, nemmeno gli stranieri!
Noi e la gioia della vocazione
Siamo contenti della nostra vita? Siamo contenti di quello che siamo, di quello che diventiamo, di quello che facciamo, di quello che abbiamo? In realtà non mi pare di incontrare gente molto contenta! Spesso sento lamentele, spesso sento insofferenze, spesso, se penso ai giovani, vedo molto spirito di confusione. Vedo giovani che “tentano” di dirigere la vita in qualche direzione, se poi non va bene, si cambierà! Vedo come “uomini a metà”, specie se penso ai 30enni. Gente che si lamenta del lavoro e della professione, gente che, spesso, non ha una situazione affettiva stabile, gente che vive ancora come se fosse un ventenne perché non sa bene cosa fare. Vedo poi molti che non vivono la vita come vocazione, come progettualità. Si vive alla giornata, accettando che oggi si faccia una cosa e domani un’altra, magari il contrario della precedente. Così come vedo molti rassegnati ad una vita insignificante. Non è questa la gioia della vocazione, che viene dal sapere che ognuno di noi è unico, irripetibile, una “pecora” per la quale il buon pastore ha dato la vita. Certo che il Signore ha un progetto di felicità, una vocazione per ciascuno di noi. Forse, più che dire che il Signore non ce lo ha rivelato, dovremmo chiederci cosa abbiamo fatto per scoprirlo, per continuare a mantenere vivo il gusto della ricerca per edificare la nostra vita alla luce di Cristo Risorto.
Vivere una esistenza felice, che realizza felicemente la propria vocazione, significa solamente questo! Continuare a seguire il Signore, continuare a donarsi, continuare a giocare i propri talenti nella vita di tutti i giorni. È lì che lo Spirito di Cristo Risorto permette di trovare il senso della propria esistenza, lasciando nel cuore di chi vive in questa maniera un profondo spirito di gioia. Gioia che continua nell’età adulta, nel cuore della realizzazione. Gioia che vive bene anche l’anzianità e la vecchiaia, attendendo quella perfezione della vocazione che è la partecipazione alla vita eterna. Ecco perché tutti, sempre, dovremmo essere nella gioia! Gioia di vivere, adesso, nel concreto della storia, gioia di incamminarci nella vita con il Risorto, meta della vita, senso della storia. Nostra e del mondo intero.
Il Vostro Parroco,