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4° di Quaresima – il cieco nato

Vivere la quaresima

Siamo ormai a metà di questo tempo santo in preparazione alla Pasqua. Viene spontanea la domanda: come lo stiamo vivendo? Come abbiamo curato la nostra conversione? Perché i giorni passano veloci e la Pasqua è sempre più imminente. Ecco, dunque, un nuovo monito per vivere bene e con vero spirito di conversione le prossime tre settimane, di cui una sarà la Settima Autentica o Santa.

La catechesi

Gesù, in questa pagina di Vangelo, ci viene ritratto di fronte al mistero della sofferenza e della malattia. Sono moltissime le pagine del Vangelo che tornano sul tema. In questo anno della preghiera, sottolineerei particolarmente i gesti del Signore.

Gesù si lascia incontrare dal cieco. Sia all’inizio della narrazione che alla fine di essa, ma come in tutte le pagine del Vangelo. Gesù non si è sottratto all’incontro, non ha schivato i malati, non ha nascosto la sua luce anche a coloro che giacevano nella malattia e  nella sofferenza.

Gesù ha compiuto un gesto che è il medesimo di Dio Padre nella creazione: un gesto che si lega ad una parola che diventano fonte di salvezza. È il mistero della “illuminazione”. Gesù non ha parlato al cieco di cosa fosse la luce, non ha cercato di descriverla. Ha voluto far fare a quest’uomo un’esperienza reale di cosa sia l’illuminazione. È il miracolo. Miracolo che avviene per la parola creatrice del Signore e per la sua potente preghiera al Padre.

Gesù, infine, riceve il gesto del cieco, che si inginocchia dinanzi a lui, in segno non solo di ringraziamento per il miracolo ricevuto, ma gesto di fede, di adorazione, di lode al Padre a cui Gesù rimanda.

Il richiamo per noi

Gesti e parole che richiamano anche noi, in questa quaresima che è tempo di preghiera ma anche tempo per vivere concretamente alcuni gesti che ci devono aiutare a tradurre in atto il nostro interiore proposito di conversione. La domanda è dunque per tutti: come ci comportiamo noi verso i malati? Che preghiera sappiamo fare con loro per loro? Dove l’accento cade soprattutto su quello che sappiamo fare “con” i malati. Credo che per una seria revisione di vita, tutti dobbiamo lasciarci interrogare dai gesti eloquenti di Gesù. Incontriamo i malati? Siccome tutti ne conosciamo, ci ricordiamo di avere almeno il dovere di una visita? Le nostre visite, poi, cosa sono? Solo un momento di vicinanza umana o, da cristiani, sappiamo anche esprimere una preghiera comune? Soprattutto dovremmo verificare se siamo capaci di quella preghiera di intercessione che diventa ricordo dei malati, costante capacità di presentare a Dio le loro sofferenze, modo per avvalorare la preghiera di chi è nella sofferenza presentando a Dio il loro ricordo.

Soprattutto vorrei che riflettessimo anche sui giovani. Molto spesso noi teniamo i ragazzi e i giovani lontani dal mondo della sofferenza. “Si impressionano”, diciamo, specialmente riguardo ai bambini. Un mondo dove negare il mistero della sofferenza non è un mondo illusorio? Negare il contatto che, invece, Gesù cerca, non è un modo per evitare il problema? Proviamo a rifletterci seriamente, sostenuti dalla preghiera, torniamo magari a rivedere alcuni nostri comportamenti e modalità di vivere. Scopriremo che nella vicinanza ai malati e nella preghiera condivisa con loro, c’è una grandissima sapienza. Invito tutti, nella settimana che comincia, a decidere di andare a trovare un malato, un parente, un amico. Invito, soprattutto, a sperimentare la bellezza di una preghiera comune. Esperienza che diventa fonte di illuminazione anche per noi, certamente.

Il Vostro Parroco,