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IV di Avvento

Sei atteggiamenti di preghiera

Dopo la perseveranza, l’intercessione, l’aver compreso che la preghiera è davvero un segno profetico che può scuotere il mondo, la liturgia di oggi ci invita a considerare la consolazione che nasce dalla preghiera.

La preghiera come consolazione

Consolate, consolate il mio popolo…”. Sono moltissimi i passi del primo testamento dai quali emerge, con forza grande, l’idea che Dio consola il suo popolo attraverso la preghiera. La preghiera, per il popolo di Israele, è diventata fonte di consolazione nei suoi momenti più difficili, più tragici: l’Esodo, l’esilio, il tempo del ritorno in patria e della ricostruzione di Israele, l’attesa messianica. È una consapevolezza grande che ha accompagnato sempre le anime più eccelse che hanno avvertito che Dio consola il suo popolo, lo segue, lo indirizza, lo sostiene pur permettendo che esso passi attraverso esperienze difficili, sconsolanti, perfino distruttive. Il grande segno di consolazione è l’apparire di Gesù, l’incarnazione del Messa, il suo ministero di rivelazione. Grande consolazione sarà il suo ingresso in Gerusalemme, che noi rileggiamo sempre nella quarta domenica di Avvento e, poi, alla fine della Quaresima nella Domenica delle Palme. Come la preghiera diventa segno di consolazione? Perché la preghiera è consolazione dei credenti? La preghiera è consolazione del popolo di Dio perché ci permette di capire che Egli è sempre all’opera nella storia, anche quando tutto sembra andare di male in peggio. La preghiera è consolazione di Dio per l’uomo perché permette di avvertire il suo chinarsi sui figli degli uomini per sostenerli. La preghiera è consolazione perché accende l’animo umano a grandi cose. La preghiera è segno di consolazione perché apre a nuove vie di bene. La preghiera è segno di consolazione perché eleva l’anima a Dio e permette di parlare con lui come ad un amico. La preghiera è segno di consolazione perché è espressione di tenerezza.

Vivere la preghiera di consolazione

Noi dobbiamo chiedere Gesù! «Vieni, Signore Gesù. Vieni, Signore» è il grido che sintetizza tutta la storia umana, la storia del rapporto tra l’uomo e Dio nella Bibbia. Andate a prendere la Bibbia, all’ultima pagina, le ultime parole sono queste: «Vieni, Signore». Dobbiamo pregare. È una mendicanza, non è una forza, ma l’estrema debolezza, l’espressione estrema della consapevolezza della debolezza che è in noi. La coscienza della nostra debolezza diventa mendicanza. La mendicanza è l’ultima possibilità di forza adeguata al nostro destino, rende l’uomo adeguato al destino. Si chiama normalmente preghiera”. La citazione, tratta dalle opere di don L. Giussani, ci ricorda che un orante è sempre un “consolato” perché è nella preghiera che si vive e si sperimenta la consolazione di Dio.

Un aiuto possibile

Questa settimana celebreremo Sant’Ambrogio, e, soprattutto, la festa di Maria Immacolata. Sono segni di consolazione grandi. Segni di consolazione perché Maria veglia sempre su di noi e guida i nostri passi all’incontro con il Signore. Segni di consolazione perché scopriamo che la presenza dei santi è continuo richiamo di luce per il nostro cammino. In questi prossimi giorni lasciamo anche che siano queste celebrazioni a farci percepire la consolazione di Dio. Sarà questo un ulteriore aiuto per capire che Dio educa sempre il suo popolo e lo guida alla verità e alla pienezza della comunione con Lui.

Il Vostro Parroco,