III di Avvento
Sei atteggiamenti di preghiera
Dopo la perseveranza e l’intercessione, le scritture di questa terza domenica di avvento ci educano ad un altro atteggiamento da riscoprire nella preghiera circa la sua stessa natura: la preghiera è un segno profetico.

La preghiera segno profetico
“Che cosa siete andati a vedere?”. Nel Vangelo di oggi leggiamo esattamente questa domanda. A porla è il Signore Gesù che interroga, molto provocatoriamente, tutti coloro che si sono dati pena di scendere al Giordano per ascoltare Giovanni il Battista. Gesù chiede loro cosa siano andati a vedere, cosa abbiamo ascoltato, cosa, soprattutto, abbiano imparato da lui. Giovanni, ci dice il Signore Gesù, è stato un profeta e tutto ciò che lui ha fatto è stato segno profetico. Profezia per il mondo, soprattutto, è stata la sua preghiera. Una preghiera intensa, silenziosa, nutrita dei salmi, ovvero della Parola di Dio. Una preghiera prolungata, perseverante. Una preghiera che ha saputo stupire anche i suoi discepoli che si sono rivolti proprio a lui per imparare a pregare come lui. Una preghiera attraente. Così il Signore insegna che la preghiera, quando è vera e profonda come quella di Giovanni, diventa sempre segno profetico, ovvero segno che interroga gli altri. Questa verità vale anche per noi. Se noi sapremo essere uomini e donne così amanti della preghiera, chi ci vede, chi ascolta la nostra preghiera, ne rimarrà affascinato e si domanderà che senso abbia la preghiera nella propria vita. La preghiera è segno che scuote, provoca, fa riflettere, incanta, richiama, guida… la preghiera è segno profetico per il nostro tempo perché ci insegna che non siamo nulla se non cerchiamo Dio e che non possiamo nulla se agiamo al di fuori della sua volontà. La preghiera è segno profetico che ci richiama alla verità del tempo donato a Dio. La preghiera è segno profetico perché riempie di Dio le nostre azioni, i nostri giorni, la nostra esistenza.
Vivere l’intercessione
“Allora la forza della domanda è l’altro che è presente, non tu. È questa la differenza tra tutta la grandezza d’animo dell’uomo – sia epicureo che stoico, secondo le varie versioni – e il cristiano. Per l’uomo normale quello che è importante è ciò che è capace di fare, capace di superare lui (stoico o epicureo). E per il cristiano… è come un bambino: è tutto teso alla presenza della madre, del padre, dell’altro. È la forza di Dio”. La citazione, tratta dalle opere di don L. Giussani, ci ricorda che un orante vive la sua forza proprio quando sa chiedere e non solo quando gioisce per quello che sa fare. Ringraziando anche per questo, certamente, perché tutto è davvero e sempre dono di Dio.
Un aiuto possibile
Il nostro Vescovo, iniziando quest’anno pastorale, ci ha chiesto di fare delle nostre comunità cristiane dei piccoli monasteri, dei piccoli centri di preghiera. È quanto stiamo cercando di fare con tutte le iniziative e con i numerosi richiami che abbiamo messo a disposizione di tutti in questi primi mesi e, soprattutto, in questo Avvento. Avvicinandosi la metà di questo tempo di preparazione al Natale, suggerisco di vivere con forza questo richiamo per comprendere che la preghiera è davvero segno profetico per il mondo. Facciamo davvero in modo che chi non frequenta, chi non crede, chi ha smesso di credere, ritrovi una provocazione nella nostra preghiera e capisca davvero che la preghiera è la sola forza in grado di salvare il mondo.
Il Vostro Parroco,