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VI Dopo Pentecoste

Mosè

La rilettura della storia della salvezza che ci viene offerta in queste domeniche estive, dopo tutto il “ripasso” della Genesi che ci ha offerto nelle domeniche precedenti, approda alla figura di Mosè. Mosè ha un ruolo chiave nell’alleanza che Dio stabilisce con il suo popolo, alleanza che si esprime nei 10 comandamenti, in forma del tutto sintetica.

I 10 comandamenti

Quando chiedo a un ragazzo dell’oratorio di dirmi i 10 comandamenti, la risposta che ottengo, con visibile imbarazzo è: “Ma in fila?!?”, quasi a giustificare che non li sappiamo più! In effetti credo che siano solo gli “anziani”, ovvero quelli che hanno studiato ancora il catechismo a memoria, a saperli. Oggi, certo, non va più di moda e una catechista, quando chiede di studiarli bene e a memoria viene presa per una retrograda, una che non conosce i moderni sistemi di apprendimento, una che mortifica l’intelligenza dei ragazzi!

Per intenderci

Ha ancora senso che studiamo i comandamenti? Ha ancora senso che li impariamo a memoria? Ha ancora senso che li tramandiamo a chi viene dopo di noi? Io credo di sì! Non solo perché la Parola di Dio rimane in eterno e, quindi, essi come parte del primo testamento hanno un valore unico ed universale, ma anche perché i comandamenti sono una preziosa indicazione per la libertà. Siamo così sicuri che, non insegnandoli più, facciamo un servizio alla mente dei giovani? Non accade piuttosto che, tolto ogni valore di riferimento, i ragazzi siano ancora più disorientati di quanto non siano? La cosa, ovviamente, vale per ciascuno di noi, anche per coloro che li sanno bene e li sanno snocciolare uno dietro l’altro a memoria! Senza che ci sia un’indicazione per la libertà, saremmo tutti molto più poveri. Ecco perché ha senso saperli, ripassarli, insegnarli, trasmetterli alle generazioni che vengono dopo la nostra.

Rileggere i comandamenti davanti alla Croce

Certamente, se vogliamo fare una buona cosa, abbiamo bisogno di rileggere i comandamenti davanti alla Croce del Signore, come il Vangelo di oggi ci indica. Gesù compie quell’alleanza antica che Mosè poteva solo intravvedere, ma che non conosceva. I comandamenti ci devono portare a stabilire un’alleanza unica con il Signore Gesù, autore della nostra salvezza, perfezionatore della vita della nostra anima. Rileggere i comandamenti alla luce della Croce significa imparare a ricordare che noi non ci salviamo da soli né, tantomeno, con i nostri sforzi, ma ci lasciamo salvare dal Signore che è venuto per noi, per la nostra salvezza, per la nostra redenzione. Rileggere i comandamenti con la logica della Croce significa ricordare che non viviamo per noi stessi, ma in Lui che è morto e risorto per noi e chiede alla nostra libertà qualche sforzo per vivere bene ciò che siamo, nel rispetto costante di Dio e degli altri. Rileggere i comandamenti alla luce della Pasqua del Signore significa, soprattutto, ricordare che noi, ogni giorno, siamo chiamati a fare memoria di Dio, del suo nome, della sua volontà di redenzione del mondo, del suo donarsi  a noi. Che cos’altro ci dicono i comandamenti se non questa verità? Che cos’altro ci trasmettono, soprattutto, i primi tre?

Come pure gli altri 7, che cos’altro sono se non il modo concreto di tradurre quell’amore per il prossimo che il Signore è venuto ad insegnare? Come potremmo, però, vivere i comandamenti se non dentro questa logica, la logica di una libertà che si dona per tutti? Se è vero che il Vangelo ci invita a fare come Cristo, i comandamenti sono il richiamo costante per la nostra libertà, perché non abbiamo a smarrirci tra le mille cose del tempo e della vita. Impariamo bene i comandamenti. Se non li ricordiamo, andiamo a rivederli! Ne va del buon uso della nostra libertà.

Il Vostro Parroco,