Domenica dopo l’Ascensione
La novena di Pentecoste
Questa domenica è liturgicamente posta tra la solennità dell’Ascensione, che abbiamo celebrato Giovedì, e quella di Pentecoste, che celebreremo la prossima domenica. Questi giorni sono tutti dedicati a pregare lo Spirito Santo, perché scenda su di noi e sia di nuovo Lui a indicarci come vivere.
Lavorare per l’unità
Le letture di questa domenica ci danno una chiara indicazione di cosa chiedere allo Spirito di Dio: il dono dell’unità. Specialmente il Vangelo ci indica cosa pensa Gesù sul tema.
Anzitutto egli mette al centro della sua riflessione la sua unità con il Padre e con lo Spirito Santo. Questa unità di Dio è il modello di ogni unità ed è anche il modello dell’unità per tutti i credenti. Ecco una prima e chiara indicazione di Gesù.
In secondo luogo, Gesù precisa che questa unità di Dio diventa non solo modello ma anche benedizione per tutti. Benedizione non solo per coloro che già credono, ma per tutti gli uomini che, richiamati dall’unità di Dio e custoditi dal suo Amore, riceveranno benedizione e conforto.
In terzo luogo, l’amore di Dio custodito nel cuore dei credenti, diventerà, infine, occasione di conversione per tutti coloro che saranno raggiunti dalla testimonianza della Chiesa.
Una preziosa indicazione
Cosa possiamo proporre noi per vivere questi richiami?
Io credo che il valore dell’unità, in un tempo come il nostro, che è tempo di dispersione, di divisione, di fluidità, sia anzitutto un richiamo.
Vorrei che ciascuno di noi si ritenesse responsabile, per primo, di questo lavoro. In famiglia, nei piccoli contesti nei quali viviamo e agiamo al lavoro, nel circolo delle amicizie, tra i parenti. Chi è promotore di unità diventa necessariamente promotore di pace e uomo, donna, capace di pensare al bene comune che, sempre, deve essere richiamato.
In secondo luogo vorrei che queste parole ci riguardassero come chiesa. Noi tutti, come comunità ecclesiale, dobbiamo sentirci anzitutto custoditi da Dio nella sua unità e, quindi, richiamati a lavorare per l’unità. Unità significa saper guardare alle esperienze degli “altri”, cioè dei credenti appartenenti ad altre parrocchie, gruppi, associazioni, come importanti. Come parroco non vedo sempre questa capacità. Credo che siamo tutti molto bloccati e, forse, anche “prigionieri” di un modo di pensare che è ancora molto frammentario e divisivo. Vorrei che tutti ci chiedessimo, come esame di coscienza, essendo ormai alla fine di un anno pastorale: cosa ho fatto io, quest’anno, per conoscere le esperienze degli altri? A quale momento di preghiera, a quale manifestazione di un’altra parrocchia, di un altro movimento, di un’altra associazione ho partecipato? Dopo esserci fatti questo esame di coscienza proporrei di chiederci: cosa posso fare io nell’estate che mi sta davanti per valorizzare altre forme di espressione dell’essere credenti rispetto a quella che più mi appartiene? Solo così, con un esame di coscienza preciso e con una proposta chiara di valorizzare il bene che c’è negli altri, potremo non rattristare lo Spirito di Dio che ci chiama all’unità.
In un momento di fondamentale importanza per la Chiesa Italiana che ha appena rinnovato il suo presidente, anche noi sentiamoci chiamati a fare ciò che possiamo, ciò che è alla nostra portata, per contribuire al lavoro dell’unità come testimonianza da offrire a tutti per la comune ricerca del bene. Nostro e della chiesa.
Il Vostro Parroco,