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VI Domenica dopo l’Epifania

La nequizia dei tempi

È un po’ parte dello stile di vita di tutti lamentarsi per molte cose. Tutti, poi, ci lamentiamo che non ci sono più i “valori” di una volta, che è sparita la “riconoscenza”, che manca il rispetto per gli anziani, che i genitori di oggi sono “molli” e incapaci di educare i propri figli ai grandi valori ricevuti dalla tradizione. C’è sicuramente del vero in tutto questo. Sicuramente queste lamentele definiscono bene il nostro tempo. Quando però ne facciamo un motivo per dire che allora “chissà dove andremo a finire”, forse esageriamo un poco e dimentichiamo che alcune realtà ci sono sempre state.

La mancata riconoscenza verso Gesù

Il Vangelo di oggi ci presenta un “caso classico”. Guarire dalla lebbra era molto difficile. Chi poi, per qualche caso, guariva dalla lebbra, doveva sottoporsi ad un preciso rituale per attestare la propria guarigione: occorreva presentarsi dai sacerdoti e non senza offerta, come aveva prescritto Mosè nell’Esodo. Gesù incontra un gruppo di dieci lebbrosi e, su loro richiesta, vengono sanati tutti e dieci. Lo avevano chiesto con forza, lo avevano chiesto con fede. Eppure uno solo torna a ringraziare quell’uomo che lo aveva sanato. Anche in questo caso, come in molti altri che ci presenta il Vangelo, è uno straniero. Occasione che offre a Gesù il pretesto per chiedersi se solo “questo straniero” è stato sanato o se, invece, non sono stati sanati tuti e dieci. Riflessione amara di Gesù: come mai solo lui è tornato? Dove sono gli altri nove? Episodio che ci apre gli occhi e che ci aiuta a capire che la mancanza di riconoscenza non è solo un male della nostra società, ma è un male di sempre. Specie se si tratta di Dio. Si è sempre pronti a chiedere, convinti che Dio debba sempre essere disponibile e accondiscendente, ma poco disposti a ringraziare.

La preghiera di richiesta e la preghiera di riconoscenza

Questo spiega perché tutti siamo sempre molto pronti a chiedere e meno, molto meno a ringraziare, ovvero ci permette di vedere come le preghiere per chiedere qualche cosa siano molto più diffuse di quelle per ringraziare per le grazie ricevute.  Guardate anche le nostre chiese. Non ci sono più quei famosi “ex voto” che hanno segnato la storia di chiese e santuari di tutta Europa. Non siamo più capaci di ringraziare Dio! Che dire, poi, dell’inno di ringraziamento per eccellenza che è il gloria che cantiamo o recitiamo nella Messa? Sappiamo dire queste parole con convinzione o sono diventate ormai parte di un rituale? Sappiamo far corrispondere alle parole anche precisi sentimenti o, appunto, tutto è lontano da noi? Nella nostra preghiera personale quanto incide la preghiera, pur generosa, per chiedere per altri? Quanto intercediamo? Quanto, poi, sappiamo ringraziare? Quanto sappiamo esprimere a Dio la nostra gratitudine per quello che abbiamo ricevuto o per quello che ci è stato evitato? Sono domande che possiamo fare nostre in questa domenica, cercando di riscoprire, poi, quella preghiera di lode, di ringraziamento, che è sempre possibile a ciascuno di noi. Forse è da sempre così! Gesù ce lo dice con chiarezza. ma non per questo possiamo stare tranquilli! Non possiamo consolarci rispetto alla “nequizia dei tempi”! Piuttosto il vangelo ci sprona  a fare qualcosa di concreto. Perché in queste settimane che precedono la quaresima non ci prendiamo tutti la libertà di venire a una Messa feriale solo per ringraziare Dio? Perché non ci prendiamo la libertà di una preghiera di lode spontanea? Potrebbe essere un modo che ci aiuta a mettere l’Eucarestia al centro delle nostre vite ma anche per recuperare, al tempo stesso, quel senso di lode di Dio senza il quale la nostra fede è monca. L’Eucarestia è per eccellenza il “rendimento di grazie” a Dio per il solo fatto che c’è. Proviamo ad essere riconoscenti. Scopriremo per quanti benefici, forse, non abbiamo ancora ringraziato Dio.

Il Vostro Parroco,