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Carissima Sacra Famiglia,

anche quest’anno vi do il benvenuto. In anticipo! Non certo, come ci sarebbe piaciuto, nella mezzanotte. Si, lo sappiamo che nessuno conosce bene né il giorno né l’ora della nascita del Signore, però la vita è fatta anche di tradizioni e i riti servono a questo. Così la Messa di mezzanotte è giusto un segno per dire che si inizia il giorno che ricorda e celebra la nascita del Signore con la realtà spirituale e di preghiera più importante che abbiamo: la Messa. Cosa vuoi che ti dica, cara sacra Famiglia, quest’anno è stato un anno terribile per molti aspetti, non ultimo quello di dover ubbidire ai dpcm che si susseguono, quasi senza poter dire che ci sono delle ragioni della fede di cui si potrebbe anche tenere conto! Credo che voi di dpcm sappiate poco, eppure il Vangelo ci dice che siamo in comunione con voi! Voi che avevate gli editti a cui sottostare e obbedire, voi che nemmeno avete scelto il luogo dove far nascere quel vostro straordinario Figlio, voi che avete dovuto fare i vostri sacrifici e le vostre rinunce per continuare a vivere quella straordinaria vocazione che Dio, l’eterno Padre di tutti, vi aveva assegnato, anche in mezzo alle leggi e alle norme degli uomini che, comunque, avete sempre rispettato. Così come cerchiamo di fare tutti noi. Mi pare, cara Sacra famiglia, che però, per quest’anno, il compito di dove far nascere il vostro Figlio tra noi un poco ve lo abbiamo alleviato e risolto. Ecco qui una casa rinnovata, ecco qui una chiesa riscaldata, illuminata, bella come una piccola cattedrale. So che voi vi trovate meglio in luoghi appartati, semplici, umili… ma so anche che non disdegnerete quel po’ di accoglienza che cerchiamo di farvi quest’anno. Accoglienza che ha cercato di inseguire diverse strade di sapienza, aperti dalla Parola di quel vostro Figlio come anche da tutti coloro che avevano preceduto la sua straordinaria venuta. Accoglienza del cuore che vi facciamo con tutta l’intensità di cui siamo capaci.

Carissima Sacra Famiglia,

noi non sappiamo molto bene come siano andate realmente le cose. Certo è che avete lasciato Nazareth, lì dove era la vostra casa, con i vostri affetti. I parenti di Maria, la sua famiglia, quella serie di “sorelle” e di “fratelli” che poi avrebbero avuto parte anche nel ministero di Gesù e che avrebbero fatto di tutto per voi. Ma anche a Betlemme, c’è da supporlo, non eravate così soli. Era la città di Giuseppe, difficile pensare che non ci sia stato nessun parente pronto ad aiutarvi, pronto a fare qualcosa per voi, come raccomanda il rituale dell’accoglienza tipico degli ebrei. La famosa “mangiatoia” deve essere stato un posto povero ma dignitoso, dove, forse, la solitudine è stata meno intensa grazie alla visita e al concreto farsi prossimo di qualche vostro parente.

Cara Sacra famiglia, questo è quello che mancherà a molti in questo Natale: il senso di famiglia. Manca quel trovarsi di famiglie dove la sapienza dei nonni riesce a trovare un punto di incontro con i nipoti a cui trasmetterla; manca quell’atmosfera in cui anche i genitori tornano ad essere un poco figli dei nostri vecchi che, quest’anno, mi pare abbiano sofferto la solitudine ben più del solito. Manca quel chiassoso e festoso ritrovarsi di fratelli, cugini, nipoti che renderà per molti non solo questa santa notte, ma anche tutto il giorno di domani, più vuoto del solito.

Cara Sacra Famiglia, siamo alle prese con qualcosa di inedito e di inaudito, impensabile per i vostri tempi, dove tutta la vita era vita di famiglia. Certo, tante nostre famiglie hanno vissuto  momenti di dialogo più intensi, spazi di confronto più sereni, condivisione di pranzi e cene più abbondanti del solito. Eppure, cara Sacra Famiglia, anche se di queste cose siamo contenti, ne sperimentiamo tutto il limite e, talvolta, anche il peso.

Carissima Sacra Famiglia,

se proprio devo dirla tutta, poi, non è che ci manca solo il ritrovo tradizionale delle famiglie che del Natale è una parte importante ma non certo il fulcro. Manca anche quel trovarsi di comunità che ha contraddistinto la vita della Chiesa nei secoli. Cara Sacra Famiglia, mi pare di vedere e di intuire che molti abbiano sofferto proprio di questa mancanza, per quel venir meno di quel dialogo di fede che rende il cammino più sicuro e saldo. Manca il poter vivere come comunità ogni incontro con il tuo Figlio e, nel Natale, tutto questo è ancora molto più forte ed evidente. Manca non solo la dimensione di comunità cristiana, ma il senso di comunità in genere. Siamo in un momento nel quale l’isolamento forzato per lo studio, per il lavoro, sta togliendo tasselli importanti alla relazionalità ampia che tutti, sempre, dovremmo coltivare per non impoverirci. Anche coloro che riescono ancora a vivere dimensioni comunitarie, devono stare attenti ad ogni cosa e devono rispettare norme e protocolli che sono assolutamente essenziali e dei quali non possiamo fare a meno, ma che snaturano il vivere sociale, svuotano il senso della convivenza, privano di tutte quelle dimensioni di socialità per le quali l’uomo è stato creato, se è vero, come è vero, che nell’ottica della creazione nulla è stato creato indipendentemente dalle altre cose.

Carissima Sacra Famiglia,

questa dimensione di tristezza comune ha generato anche non poche domande sulla fede. Ne ho sentite di diversi tipi, tra il sentimento di chi si sente abbandonato anche da Dio ed esprime rabbia, dubbio, forse anche attraverso le imprecazioni e chi, invece, ha fatto del tempo libero un’occasione per approfondire il proprio credo.  Cara Sacra Famiglia, forse questa è stata una forma di sapienza che taluni hanno vissuto e scoperto. La sapienza di chi vive il pensiero di Dio e delle cose sacre, il pensiero di chi si rivolge, nel volgere dei giorni, a Dio e al Figlio vostro, la sapienza di chi non vuole rinunciare mai al pensiero di Dio. Ma tanti hanno perso il contatto con Dio. Il venir meno della Messa, per molti, è stato anche il venir meno della fede! Come pure, per tanti il vivere momenti di fede dalla poltrona o dal divano di casa è diventato un modo comodo per sentirsi a posto con la coscienza senza impegnarsi più di tanto. Come vedi facciamo ora fatica, specie con le famiglie dei ragazzi, a trovare modalità per far incontrare tuo Figlio e per far amare il suo santo nome. È uno dei limiti maggiori che stiamo vivendo, è una delle privazioni che ci sta costando maggiormente, e, privi come siamo di sguardo profetico, facciamo molta fatica a cercare di comprendere come potrà essere il futuro.

Carissima Sacra Famiglia,

a questo proposito ti segnalo che c’è chi non vede l’ora di tornare alle cose di prima, pensando di chiudere una brutta parentesi, e chi, invece, si sente ormai proiettato come in un’altra dimensione, dove tutto ciò che era stato creato viene azzerato di colpo, spazzato via, senza sapere bene cosa potrà sostituirlo. Certo è che tutti esprimono un reale bisogno di percepire una “normalità” alla quale poter ancorare la propria esistenza, per non vivere alla giornata. So che voi vi intendete anche di questo. Anche la vostra normalità è stata mutata di colpo dall’apparire, in presenza e in sogno, da un Angelo. So che anche voi, di colpo, avete dovuto lasciare sogni e progetti. So che anche voi avete cambiato più luoghi e residenze, compreso quel trasferire il lavoro, essenziale per la vita e per la dignità degli uomini. So pure che tu, Giuseppe, ti sei lasciato andare a valutazioni di convenienza politica, senza mai prendere parte alle vicende del tuo tempo, eppure cercando di donare a Maria e a Gesù quella sicurezza di cui avevano bisogno. So che tu, Maria, hai sempre coltivato i rapporti con gli uomini e le donne del tuo tempo, a partire da quelli della tua famiglia, coinvolgendo sempre tutti in quella straordinaria vicenda che vi riguardava ma che non era solo per voi. Cosa potete dirci voi che siete i custodi dei segreti di Dio, voi che avete rispettato le leggi degli uomini, voi che siete famiglia Santa?

Carissimi fedeli,

mi sembra che ci rispondiate, fate tesoro del senso del limite che state sperimentando. Anch’esso è una forma di sapienza. Quel limite che sperimentammo a Betlemme, quel limite che coinvolse pastori e gente comune che venne alla grotta, quel limite che fa parte della stessa esperienza umana e che noi provammo fin dall’Annunciazione a noi riservata, è salutare anche per voi. È questo senso del limite che diventa sapienza che insegna a ciascuno che non si può fare tutto da soli. È questo senso del limite che deve farvi aprire a Dio, dal quale proviene ogni cosa e ogni bene. È questo senso del limite che deve permettervi di rendere saldi i vostri passi anche nel momento difficile che vivete. È questo senso del limite che vi farà trovare la dimensione giusta per capire che non si vive mai da soli e che il Figlio di Dio è venuto per essere il Dio con noi, l’Emmanuele, colui che viene a condividere ogni pensiero dell’uomo, ogni storia dell’uomo, ogni preoccupazione dell’uomo, in modo reale, pieno, vero, assumendo su di sé le domande, i problemi, il dolore ed anche il peccato degli uomini tutti. Anche in questo Natale non siete soli. Dio è con voi. È questo l’annuncio sempre antico e sempre nuovo che occorre riscoprire per fare Natale.

Carissimi fedeli,

  • mi sembra che ci diciate ancora – imparate anche che Dio parla sempre con la storia. Lui che ha voluto condividere la storia degli uomini, Lui che ancor prima della sua Incarnazione ha guidato la storia di ogni uomo, popolo, paese e nazione, continua a parlare con i segni che in essa dispone ed imprime. Imparate, proprio dalla situazione che state vivendo, che non è la logica del puro profitto quella che salva, non è la logica del proprio benessere quella che costruisce un mondo inattaccabile e sicuro, non è la logica dell’egoismo quella che porta a stare bene. Solo la logica della condivisione, del reciproco aiuto ed interesse, del rispetto per gli altri uomini, culture, tradizioni porta ad un arricchimento che diventa anche sicurezza. È la logica della condivisione che il presepe testimonia che permette ai cuori di aprirsi e agli uomini di trovarsi, per non vivere, da sconosciuti, l’uno accanto all’altro.

Carissimi fedeli,

infine, mi pare che ci dite, imparate che senza Dio non si va da nessuna parte. Fate di questa esperienza un momento per vivere una fede più intensa e più salda, un momento per tornare all’essenziale. Quell’essenziale che è la relazione con Lui, nella quale, poi trova senso la relazione con gli uomini. Se ci dovrà essere una ripresa di relazioni forti, autentiche, sincere, dovrà essere basata solo su questa radice e non su altro.

Carissimi fedeli,

recuperate quel senso di comunità che è già possibile ora, per non lasciare che lo spirito di pigrizia e la paura vi blocchino e vi facciano perdere molto di quella relazionalità ampia che è una benedizione per la vita. Uscite dalla tristezza e imparate che Dio corregge la vita degli uomini, quando questa si dirige troppo lontano da Lui. Basate la vostra sicurezza non sulle paure che nascono e che si impadroniscono del cuore, ma su quella apertura a Dio che, poi, rende possibile ogni cosa secondo verità. Sia questo il Natale per imparare che occorre fidarsi di più di Dio.

Carissimi fedeli,

mi sembra che ci diciate ancora, vivete con impegno questo anno in onore di San Giuseppe, che fa nascere il suo rapporto con le cose e con gli uomini dalla sua fede e dalla sua abbondante preghiera.

Guardate al mistero di Maria, che sa fare domande e sa rimettere ogni cosa in Dio, prima di trasformare la sua vita in impegno generoso e in fattiva carità.

Guardate al mistero di Cristo, che svela sempre, in ogni età della vita, cosa è vero, bello, giusto.

Il ritorno all’essenziale sia il pensiero fisso a cui ricorrere con sapienza. L’essenziale nelle relazioni personali, l’essenziale nella vita comunitaria, l’essenziale nella vita di preghiera, l’essenziale per la vita. Nell’essenziale c’è Dio. Nel ritorno all’essenziale non si potrà non scoprire quell’appello, quel richiamo che Dio imprime ad ogni cosa perché ogni cosa torni a Lui.

Contemplate, nell’essenzialità del presepe, quella forma di povertà che non è indigenza, ma che diviene scelta e condizione per il ritorno a Dio.

Carissima sacra famiglia,

grazie per essere ancora tra noi e per indicarci, ancora una volta, come accogliere questo Bambino che, se vogliamo, può davvero diventare il centro, il fulcro, il cuore della nostra esistenza.

Dona a ciascuno di noi la forza di sapienza per uscire dalla paura, per smettere di lamentarci del tempo presente e per trovare la forza di quel ritorno all’essenziale che deve coinvolgere ciascuno di noi.

Rendi forte il bisogno di un sentimento di comunità che diventa antidoto a qualsiasi solitudine, anche quella forzata che la prudenza, ancora, ci raccomanda, ma che deve lasciare il gusto di una vita comune alla quale non vogliamo rinunciare.

Ricordaci che solo nella ricerca di ciò che è veramente essenziale sta il segreto e il cuore di una vita che acquista sapore, perché tutta nascosta in Dio.

Signore Gesù, tu che nasci ancora tra noi, tu che metti ancora la tua tenda tra gli uomini, tu che non smetti di essere l’Emmanuele, il Dio con noi, insegnaci a camminare sui passi che tu hai predisposto per noi, perché possiamo gioire in te, trovare Te, vivere di te in ogni cosa.

Bambino Gesù che vieni a salvare il tuo popolo, donaci di acquisire quella sapienza del cuore che, sola, rende ragione di una vita autentica.

Bambino Gesù, donaci quel gusto dell’essenzialità che ci riporti ad una “normalità” di vita, di relazioni, di fede che, ora, ci manca.

Bambino Gesù, guida i passi dell’umanità ad un incontro con la tua Sapienza che si incarna, perché tutti possiamo realmente vivere rivolti a Te.

Allora sarà Natale, vero, dell’anima.