Avvento 2020.
Quarta settimana.
Seguendo la scansione già pubblicata, dopo la sapienza del saper leggere i segni dei tempi, quella della revisione della propria coscienza, quella che consiste nel valorizzare i “segni di luce” che abbiamo a disposizione nel nostro mondo, eccoci ad un quarto tema: la sapienza dell’accoglienza.

Accogliere il parere di un altro.
A suggerirmi questo atteggiamento di sapienza, è la figura dei discepoli che si dispongono ad accogliere ciò che il Signore dice, come pure quella del proprietario del puledro, o della grande sala al piano superiore che, senza tergiversare troppo, accolgono ciò che Gesù dispone per la “sua” Pasqua, quella Pasqua di salvezza di cui anche noi siamo figli. È sapienza grande quella che nasce dall’ascolto del parere degli altri e si esprime nell’accoglienza generosa di ciò che in essi è contenuto.
Accogliere “lasciando fare”.
C’è una sapienza di accoglienza che si esprime nel “lasciar fare” non di chi non si dà pena per le cose, non di chi non si interessa e lascia correre tutto, indifferente a tutto ciò che accadrà. Piuttosto è la sapienza di chi “lascia fare” perché riconosce che, nelle cose che vengono proposte, brilla la “mani di Dio”, la Sua sapienza, la Sua volontà. È la sapienza degli uomini, come Maria, che lascia che l’Altissimo stenda su di lei la sua ombra.
Sentirsi accolti in un luogo.
La sapienza dell’accoglienza è anche quella che può sperimentare ciascuno di noi nel sentirsi accolto in un luogo amico, caldo, sicuro. Questo luogo è anche la Chiesa, sempre aperta per ciascuno, sempre pronta a custodire, nel segreto delle sue mura una nostra preghiera, una nostra confessione, un nostro incontro con Dio nel mistero dell’Eucarestia, come pure a gioire per un matrimonio, o a piangere per un funerale, o a generare nuova vita spirituale in un Battesimo. La sapienza che esprime la chiesa nell’accoglienza è anzitutto questa. Sapienza di accoglienza che noi possiamo sentire rivolte a ciascuno di noi personalmente ogni volta che entriamo nella “nostra” chiesa.
È per questo motivo di sapienza che, pur in un’epoca di pandemia, abbiamo scelto di restaurare una delle nostre Chiese, la Parrocchia di San Giulio. È sempre nell’ottica della sapienza che, ben al di là dell’appartenenza geografica a questa parrocchia, dovremmo tutti gioire per questo segno, che vuole essere un segno di speranza rivolto a tutta la città. Aprire una chiesa è segno della benevolenza di Dio, che non abbandona mai l’uomo, nemmeno quando le cose si fanno pesanti, o quando i tempi diventano bui, o le difficoltà sembrano crescere.
Poiché la Chiesa di San Giulio è il luogo centrale della fede della nostra comunità pastorale, invito tutti a visitare questa Chiesa, per una preghiera, per la celebrazione di diversi momenti della fede, trovando, in essa, il luogo di unificazione delle diverse anime che compongono la nostra comunità. È vera sapienza, in un mondo come il nostro, superare antiche divisioni e campanilismi che oggi non hanno alcun senso, per trovare quell’armonia che nasce solo dove ci si sa accogliere gli uni gli altri. Sentirsi accolti in un luogo per diventare noi stessi uomini e donne pronti alla reciproca accoglienza. È questo il senso con il quale vi invito a leggere e a vivere la riapertura di San Giulio al culto; è questo l’impegno di sapienza che vorrei discendesse su ciascuno di noi in questi giorni prenatalizi, già carichi di quella sapienza di accoglienza che il Signore rivolge a ciascuno di noi nel suo Natale.
Il vostro parroco,